La Morte E Il Mistero Della Vita
by Alessio Faggioli - MA, BS(H), BA
In questa civilizzazione moderna ci ritroviamo nei vari contesti sociali ad evitare di parlare e di commentare le nostre sensazioni, idee o perplessità riguardo l’intricato tabù racchiuso nell’esperienza della morte. Sembrerebbe che la sua uscita di scena dalla vita corrente sia un obbligato passaggio in cambio di una piena e soddisfacente idea, ahimè illusoria, di vita. Siamo realmente convinti che l’antidoto alla morte sia quella di non parlarne? Siamo realmente convinti che l’antidoto sia quello di non guardare in faccia alla scia lasciata da essa quando questa irrompe nelle nostre vite stravolgendo la nostra realtà? Che cos’è che ci intimorisce tanto da arrivare a bisbigliare il “suo nome” o addirittura a non rivolgerci ad essa come se la sua esistenza dipendesse dalla nostra capacità di creare una realtà diversa dove essa sia esclusa o addirittura esiliata?
Con una leggera determinazione affermo che il modo in cui guardiamo alla Dea della Morte plasmerà l’essenza della vita che condurremo. L’implicazione di “concedergli” lo spazio nella nostra realtà di vita, determinerà la lucidità e la vicinanza a quel mistero chiamato Vita. Siamo perennemente risucchiati dalla realtà che ci creiamo, con alla base una serie di aspettative, sogni, sensazioni che il più delle volte ci conducono a mete psichiche fuorvianti distanti dal proposito del mistero di Vita.
Il venire al mondo ha un’implicazione intrinseca alla vita stessa che si demarca con il culmine dell’esperienza attraverso l’esperienza della morte. La morte non sopraggiunge tutta d’un fiato, esiste una realtà della vita composta da micro-morti che si susseguono ininterrottamente. Siamo continuamente esposti a questo avvicendarsi di vita, morte e rinascita. Le fondamenta della nostra esistenza poggia su queste esperienze immutabili, il corso degli eventi a cui veniamo sottoposti è uguale per tutti gli esseri viventi, l’unica differenza è la durata dell’esperienza stessa. A guardarla da vicino l’esperienza della vita è avvolta da questo mistero di non sapere quando avverrà il nostro passaggio, creando un’esperienza non controllabile alla quale noi, insieme a questa società, cerchiamo di fuggire.
La fobia della morte, diversa dalla paura di morire, apre un piano di consapevolezza che si distacca dal ciclo di vita, morte e rinascita. La domanda che sorge spontanea è: quali benefici avremmo nel ri-connetterci al ciclo primordiale? Quali battaglie interiori dovremmo affrontare? Come cambieremmo noi, la nostra famiglia, i nostri amici e la società in generale se iniziassimo ad includere nella nostra quotidianità una riflessione, o meglio una connessione con la Dea della Morte?
Senz’altro possiamo affermare che molte delle nostre nevrosi verrebbero potate e impermeate di una consapevolezza che si radica nell’esperienza del ciclo della Vita. Questo implicherebbe che la nostra natura di esseri umani riacquisterebbe forza e centralità, divenendo magari un’ancora a questo viaggio iniziatico chiamato Vita. La fenomenologia, vale a dire la descrizione dell’esperienza, ci viene in aiuto fintanto che non diventi l’unica realtà, stando essa nella dualità del pensiero. La fenomenologia traccia un ponte verso l’esperienza esperita, nella quale le nostre parole e il modo di formulare concetti non hanno esistenza. Se la fenomenologia serve a descrivere il “paesaggio”, l’esperienza esperita rappresenta il vissuto nel “paesaggio”.
L’esperienza di essere toccati o sfiorati dalla Dea della Morte, induce un effetto a catena che richiede un raccoglimento interiore tale da poter essere esperito. Questo modo di porsi verso e nella vita, ci porta senz’altro nel viaggio interiore, a brancolare nella notte buia dell’anima. Aprirsi al cammino della notte buia dell’anima, richiede dolore e coraggio, un cammino nel quale sospiri e lentezza ne fanno da padrona. Questo cammino è a tutti gli effetti un cammino iniziatico, la Dea della Morte è colei che traccia la nostra via, un esperienza dove non ci sono né mappe ne scorciatoie e dove non c’è nemmeno la certezza che ne usciremo vivi. La Dea della Morte, quando ci sfiora, scatena una trasformazione, ci apre davanti a noi il cammino di ritorno a noi stessi, il cammino di ritorno a Casa. Casa è dove la nostra umanità si fonde con quel qualcosa di non umano, dove l’esperienza della nostra umanità si fonde con la vibrazione universale di quella vibrazione che regge e sorregge il nostro universo: la vibrazione dell’Amore.
L’atto più difficile e coraggioso che possiamo compiere in questo cammino misterioso è l’atto di aprire il nostro cuore e amare, amare per amarci e amarci per amare.